venerdì 12 novembre 2010

I riccioli di Ksenia, la cultura e il cinema

Ksenia Rappoport fotografata per L’Uomo Vogue da Piotr Titarenko, settembre 2009
Pochi giorni fa ci eravamo visti di sfuggita al Festival di Roma, dove presentava fuori concorso “Il padre e lo straniero” , il nuovo film di Ricky Tognazzi - tratto da un romanzo di Giancarlo De Cataldo - in cui recita accanto ad Alessandro Gassman e Amr Waked. Risentiamo Ksenia Rappoport mentre è in pausa tra un take e l’altro a San Pietroburgo, sua città natale. Ci dice dei suoi riccioli scomposti dal vento che incalza. 36 anni, accento russo marcato. «Fuori fa ghiaccio». Ride.
L’Uomo Vogue: Che film stai girando?
Ksenia Rappoport: «Un film russo che si dovrebbe intitolare “La guardia bianca”, con un regista di quelli tosti della nuova generazione, Sergei Snezhkin. È al suo undicesimo film, spero proprio che esca in Italia. È la storia di una famiglia aristocratica ambientata negli anni post Rivoluzione, dopo il 1917 circa, quando non si sapeva da che parte stare. In gioco ci sono tre personaggi, un uomo malato di tifo, sua sorella - che interpreto io - e il marito di lei. Il film è tratto da un romanzo di Bulgakov, lo stesso del “Maestro e Margherita”. Tratta di un tipo diverso di vita che scorre, di... poesia. È ambientato a Kiev quando la città era accerchiata da una parte dai Bolscevichi, dall’altra dalle truppe del generale Shoropadski. È la storia del nostro paese, del nostro destino. Un po’ come sta succedendo da voi in Italia, anche qui si sono persi di vista i sentimenti, il credo, i desideri della gente che ha lottato per un cambiamento».
L’U.V.: Ci sono altri tratti in comune tra l’Italia e la Russia in questo momento, secondo te?
K.R.: «Io sono russa, vivo a San Pietroburgo e lavoro molto più qui che da voi: i vostri film nuovi non arrivano qui e viceversa. Quando vengo in Italia, non ho mai il tempo per andare a vedere tutto quello che vorrei, ma conosco bene l’ambiente del cinema. Per esempio ho seguito lo sciopero recente delle maestranze del cinema; ho toccato da vicino, anche se ero lì per soli due giorni, il malcontento di tutti quelli che sul red carpet del Festival di Roma hanno protestato contro i tagli alla cultura, al cinema. Ero in promozione con Ricky Tognazzi e quando sei in promozione, vivi con la valigia incollata alle mani. Attraversate un momento in cui dovete, necessariamente, fare qualcosa: ho apprezzato Giuliano Montaldo quando ha detto “L’arte non è il cibo per mangiare, ma è necessaria”».
L’U.V.: In Italia hai riscosso grande successo con “La sconosciuta”, “La doppia ora” e “Italians”? Quando tornerai a lavorare da noi?
K.R.: «Sto leggendo un copione italiano adesso. Girare con grandi professionisti fa bene, ti fa crescere. Ho apprezzato il lavoro di Ricky mentre giravamo “Il padre e lo straniero” e in più Alessandro Gassman è un uomo gentile, un attore di teatro come me, che capisce quanta fatica ci vuole per arrivare a quella pulizia, a quella che chiamo “raffinatezza”. Il film esce a febbraio da voi: vale la pena vederlo».
L’U.V.: Progetti futuri?
K.R.: «Un film prodotto dal figlio di un grande regista russo, Sergei Bondarchuk, (lo stesso di capolavori come “La steppa” e di “Messico in fiamme”, ndr.). Il figlio si chiama Fyodor, si sta definendo tutto in questi giorni. Poi voglio fare ancora teatro. Sono stata Nina ne “Il gabbiano” di Cechov, Elena nello “Zio Vania”, ma ci sarà dell’altro che non posso dire ancora. Come dell’altro, per me e per i miei colleghi italiani, spero arrivi dalla generazione dei nuovi cineasti coraggiosi: opporsi con il cinema d’autore alle megaproduzioni hollywoodiane e ai “cinepanettoni”. Non bisogna mollare». Francesco Brunacci

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